mercoledì 25 marzo 2015

Pirelli & Co.: lo shopping di Pechino in Italia

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È di questi giorni la notizia che Chem China, azienda cinese a controllo statale specializzata in prodotti chimici, acquisirà il controllo del 26,2% di Pirelli, quota finora detenuta da Camfin.

L’accordo è però solo l’ultimo di una lunghissima serie di investimenti che hanno visto aumentare a vista d’occhio la presenza del Dragone nell’economia italiana.

In questi ultimi anni, lo shopping di Pechino è stato prevalentemente diretto a settori tradizionali come l’energia, le infrastrutture e le telecomunicazioni. A marzo del 2014 People's Bank of China ha rilevato circa il 2% di Eni ed Enel, quote a cui ora si aggiungono partecipazioni in Telecom, Prysmian, Fca, Generali. Mediobanca e Terna. L'investimento più rilevante è stato rappresentato dall'acquisto per due miliardi del 35% di Cdp Reti, la società che detiene rispettivamente il 30% di Snam e il 29% di Terna. 400 milioni sono stati sborsati da Shanghai Electric per il 40% di Ansaldo Energia controllato da Cdp attraverso il Fondo Strategico italiano. Il settore del lusso non è stato certo dimenticato: Ferretti, il noto produttore di yacht, è stato comprato nel 2012 da Weichai Group, altri investimenti sono stati fatti in Krizia e Ferragamo, mentre si vocifera anche di una possibile entrata a controllo di Borsalino nei prossimi mesi.

Secondo Bloomberg, negli ultimi 12 mesi in Italia sono arrivati in totale quasi 13 miliardi di euro, più di quanto Pechino abbia investito negli Stati Uniti e nel Regno Unito.

Vittima del momento di crisi che sta bloccando gli investimenti domestici e che ostacola il mantenimento dei campioni nazionali sotto il tricolore, l’Italia è diventata il bersaglio preferito della Cina perché mette a disposizione le competenze, la capacità di innovazione industriale e i brand rinomati che il Dragone ricerca disperatamente fuori dai suoi confini.

Queste crescenti attenzioni della Cina per l’Italia dimostrano che il nostro Paese ha ancora dei settori industriali interessanti, ma non può non generare timori in merito al fatto che nel tentativo di uscire dal clima di crisi e di mancanza di liquidità, aziende simbolo dell’Italia stiano ammainando bandiera e si stiano vendendo al miglior offerente, in questo caso la Cina, ben contenta di approfittarne.

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