mercoledì 18 marzo 2015

Euro dollaro: fino a quando continuerà il deprezzamento della moneta europea?

Da inizio anno l’euro si è deprezzato del 12% contro il dollaro americano; quasi il 30% negli ultimi 12 mesi. Questa tendenza, cominciata già nel secondo trimestre dell’anno passato, sulle voci del cosiddetto “tapering” della Federal Reserve (FED), è stata rafforzata prima dall’annuncio (gennaio 2015) e poi dalla realizzazione del programma di acquisto di titoli pubblici (e privati) dell’Eurosistema (il famoso QE della BCE – marzo 2015).

La motivazione principale alla base di tale andamento è identificabile proprio nella divergenza delle politiche monetarie delle due principali banche centrali: FED e BCE. La prima, sostenuta dai positivi dati sull’economia americana (soprattutto sul fronte dell’occupazione), è pronta ad alzare i tassi ufficiali già nel secondo semestre di quest’anno; la seconda, invece, ha appena cominciato il suo programma di “allentamento quantitativo” con l’obiettivo di immettere circa 1.000 miliardi di euro nel sistema bancario ed espandere il bilancio fino a 3.000 miliardi di euro. La differenza è netta.

La divergenza delle due politiche monetarie si riflette sui mercati finanziari, domestici e internazionali, in vario modo. E il deprezzamento dell’euro è il primo e più evidente segnale.

Il grafico sottostante mostra l’andamento dei tassi forward su un overnight index swap (ovvero di un strumento a termine, che parte tra un anno e con durata un anno, che prevede lo scambio di un tasso fisso - tasso forward - contro uno variabile pari al tasso overnight durante la vita del contratto) nell’area dell’euro e negli Stati Uniti. In altre parole, questi strumenti di mercato monetario esprimono le aspettative sul valore medio del tasso overnight tra un anno per i prossimo 12 mesi. Dal grafico emerge chiaramente che già nel corso del 2014 le aspettative sui tassi overnight nell’area dell’euro e negli Stati Uniti cominciano a divergere. Negli USA il tasso forward (linea arancione) è aumentato dallo 0,30% di inizio 2014 a circa l’1,20% di questi giorni, mentre lo stesso tasso nell’area dell’euro (linea viola) è diminuito da 0,30% a -0,13%, arrivando addirittura in territorio negativo. L’evoluzione delle aspettative sui tassi di mercato overnight ha risentito proprio delle diversa stance di politica monetaria delle due banche centrale ed è stato il driver principale del deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro (linea rossa): con l’introduzione dei tassi negativi (giugno e poi settembre) e l’atteso annuncio (poi realizzato) del QE, la BCE ha influenzato le aspettative del mercato con il conseguente deprezzamento dell’euro fino a scendere sotto 1,05 dollari.

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Un simile fenomeno può essere osservato anche sul mercato obbligazionario nel quale al rialzo dei tassi sui titoli decennali americani si contrappone il calo dei tassi sui corrispettivi titoli dell’area dell’euro (Germania nel grafico sottostante).

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In questa situazione il deprezzamento della moneta europea potrebbe continuare, se non addirittura accentuarsi, nel momento un cui la FED deciderà di cominciare a realizzare la sua stretta monetaria. In molti, ormai, non considerano più un miraggio la parità tra le due valute. E si potrebbe andare anche oltre.

La vera domanda è se questo possa rappresentare un tasso di cambio di equilibrio e per quanto tempo.

Non si tratta solo di una questione tra due aree economiche. La questione è globale. Ci troviamo in un contesto macroeconomico in cui, da inizio anno, moltissime banche centrale di tutto il mondo hanno intrapreso un percorso di politiche monetarie espansive (Cina, India e molte altre). Solo la FED e la Bank of England (BoE) sembrerebbero le uniche banche centrali pronte a annunciare qualche manovra restrittiva se le condizioni delle rispettive economie lo consentiranno. Il mondo sembrerebbe quindi essere diviso in due blocchi: FED e BoE da una parte; BCE, BoJ (Bank of Japan) e resto del mondo dall’altra. In un contesto in cui il sistema finanziario globale vive in una situazione di ampia liquidità (per via di quella immessa finora e di quella che sarà ancora immessa dalla BCE e dalla BoJ), i diversi orientamenti dei banchieri centrali potrebbero comportare un movimento di flussi finanziari globali tra vari paesi e tra vari segmenti di mercato alla ricerca di una qualche situazione di equilibrio. Di certo sarà un periodo nel quale l’incertezza e la volatilità giocheranno un ruolo chiave; sempre se consideriamo risolto il problema “Grecia”.

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