martedì 15 dicembre 2015

Giappone in recessione....anzi no!

Le stime iniziali sul terzo trimestre nipponico, che prevedevano una contrazione annualizzata del Prodotto Interno Lordo pari a 0,8 punti percentuali, si sono rivelate totalmente e sorprendentemente errate. Infatti nel terzo trimestre il Pil è cresciuto ad un tasso annualizzato dell'1% (0,3 punti percentuali  rispetto al secondo trimestre).
Il risultato, decisamente migliore rispetto alle attese, è stato spinto in modo particolare dall'aumento degli investimenti di capitale delle imprese, incrementato dello 0,6% (inizialmente era stato previsto un calo dello stesso dato dell'1,3%).
Quindi la politica economica portata avanti dal premier Shinzo Abe, sulla quale ha scommesso l'intero suo mandato con il referendum vinto lo scorso anno, ha cominciato a dare i suoi frutti.
Come risaputo l'Abenomics prevede una politica economica decisamente espansiva per mantenere il tasso di inflazione attorno al 2%, tassi di interesse negativi per disincentivare il risparmio ed aumento della spesa pubblica.
L'economia giapponese, che è la terza mondiale, torna dunque sul binario dell'espansione.
Espansione che da prime stime dovrebbe essere confermata anche nell'ultimo trimestre del 2015 scongiurando il rischio di ripetere il risultato negativo dello scorso anno (caratterizzato dalla recessione) influenzato dall'aumento dell'IVA.
Il governo quindi proseguirà con la politica economica sostenuta da Abe promovendo una manovra fiscale da  3000 miliardi di Yen per sostenere il settore agricolo e la fasce più deboli della popolazione.
Grazie all'inatteso aumento delle entrate fiscale il governo non avrà la necessità di ricorrere alla vendita di titoli di stato per finanziare la suddetta manovra.
Resta ora da vedere se le imprese ritoccheranno in positivo i salari dei lavoratori così da sostenere la crescita economica attraverso i consumi interni.
Infatti una delle maggiori critiche all'Abenomics è proprio legata alla possibile mancanza di allineamento dei salari che porta inevitabilmente ad una riduzione del potere d'acquisto della popolazione locale.