lunedì 29 settembre 2014

LE PROTESTE IN HONG KONG COLPISCONO I MERCATI

Si prospetta un periodo movimentato, nei mercati finanziari e non solo. Ad Hong Kong, ormai da giorni, proseguono le proteste di gruppi pro-democrazia e le forze dell’ordine locali. Il clima di forte agitazione è mosso anche dal flusso non facile delle informazioni. Su diversi canali, compresi i social media online, fonti di informazione vengono bloccati da sistemi di censura. In Hong Kong, le strade e le piazze non sono le sole ad essere paralizzate, ma con esse anche i mercati finanziari. In data odierna, l’indice composito Hang Seng, che ha visto un ribasso di oltre l’1% all’apertura, registra perdite intorno al 2%. La centralità e l’importanza di questo polo finanziario sono spesso indicatori di effetti a catena nei paesi occidentali. Fino a questo momento, fattore che risulta essere anomalo, il vicino mercato Cinese non sembra risentire di tali tensioni.

Recenti notizie del sito ANSA.it riportano: “L'occupazione delle strade di Hong Kong è stata innescata da una settimana di scioperi degli studenti, ai quali nella notte tra domenica e lunedì si sono aggiunti i gruppi democratici riuniti sotto la sigla di Occupy Central. La linea dura seguita dal capo del governo locale Chun-yung Leung, probabilmente ispirata da Pechino, e' stata controproducente, inducendo migliaia di cittadini a schierarsi con i giovani. Lueng ha parlato la notte scorsa dagli schermi televisivi chiedendo ai cittadini di mettere fine alle proteste illegali”.

I primi effetti sui mercati occidentali vengono così riportati da investireoggi.it: “Apertura di seduta in rosso per la Borsa di Wall Street. Le tensioni che si stanno verificando ad Hong Kong, infatti, hanno avuto il sopravvento sui comunque discreti dati macroeconomici delle 14,30: Futures Wall Street negativi. Ecco i dati macro Usa di oggi. Dopo circa 10 minuti dall’avvio degli scambi, il Dow Jones sta segnando un calo dello 0,30% a 17.061,65 punti, mentre l’S&P 500 lascia sul parterre lo 0,48% a 1.973,39 punti e il Nasdaq è in flessione di oltre un punto percentuale. L’impressione è che l’andamento della borsa Usa difficilmente potrà cambiare anche con un buon dato sulle vendite di case esistenti (l’ultimo appuntamento previsto dall’agenda macro di oggi)”.

Gli scontri con la polizia sono i primi dai disordini del 1960 guidati da gruppi pro-comunisti ispirati alla Rivoluzione Culturale di Mao Zedong. Fino ad ora il governo centrale di Pechino non ha risposto direttamente ai manifestanti, e sembra complesso prevedere una diminuzione delle tensioni poiché Il primo ottobre e' l 'anniversario della fondazione della Repubblica Popolare e sono previste cerimonie e celebrazioni ufficiali che difficilmente potranno avere uno svolgimento regolare se la situazione rimarra' immutata.

sabato 27 settembre 2014

L'EFFETTO SCOZIA SUI MERCATI

Il recente referendum della Scozia ha convogliato l’attenzione di tutti i paesi europei e non, dato il potenziale impatto che questa manovra potrebbe generare sugli schemi politici ed economici. Numerosi opinionisti e testate hanno offerto delle interpretazioni sul perché di tale situazione e sulle prospettive degli scenari futuri. Con un approccio puramente analitico e oggettivo troviamo interessante osservare come hanno risposto i mercati nei giorni successivi al voto. L’opinione dei mercati viene spesso considerata come arbitro ultimo capace di offrire una visione a lungo termine, possa questa essere alimentata da fiducia o da scetticismo.

Come riportato dal sito agi.it: ”le borse europee brindano all'esito del referendum in Scozia, che ha bocciato l'indipendenza dalla Gran Bretagna. L'indice FtsEurofirst 300 e' salito dello 0,9% a 1,410.93 punti, massimo del 2014 e al livello piu' alto dall'inizio del 2008, mentre l'Euro STOXX 50guadagna lo 0,7%. L'andamento migliore si registra a Madrid, che guadagna l'1,3%, grazie anche alla flessione dello spread tra Bonos e Bund tedeschi. In apertura l'indice Ftse di Londra guadagna lo 0,58% a 6.858,91 punti, il Dax di Francoforte avanza dello 0,52% a 9.848,73 punti, il Cac diParigi dello 0,54% a 4.488,81 e l'Ibex di Madrid dell'1,53% a 11.159 punti. Apertura in forte rialzo anche per la Borsa valori, con l'indice Ftse Mib che fa segnare +1,14% a 21.368 punti. L'All Share +1,06%”.

Gli effetti positivi registrati dalle principali piazze europee hanno inoltre trasferito fiducia nei mercati americani e d asiatici. La coesione europea è quindi vista come tema fondamentale su qui costruire gli scenari economici futuri. Tali effetti hanno impattato anche sui tassi di cambio, con particolare attenzione alla sterlina, prima interessata del tema. Il sito agi.it infatti riporta: “Euro stabile nei confronti del dollaro a quota 1,29 e ai minimi sulla sterlina a 0,7840 (dopo aver toccato 0,7805, top da due anni) in apertura dei mercati europei. Dopo l'esito del voto scozzese, la valuta britannica e' balzata ai massimi da due settimane sulla valuta Usa a 1,6525 e al top da 6 anni sullo yen a 180,71. Euro/yen a 140,70 e dollaro/yen a 109,14”.

I mercati sembrano premiare scenari di collaborazione e di coesione. Gli investitori soffrono le tensioni principalmente politiche derivanti dal recente posizionamento degli USA nella guerra in medio oriente. Ma in questi giorni, forti segnali di appetito verso gli investimenti sono stati evidenziati dai mercati nei confronti del sistema politico.

giovedì 25 settembre 2014

La Scozia rimane parte del Regno Unito: i perchè della vittoria del no

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Il popolo si è espresso: il sogno di Alex Salmond si infrange contro il risultato delle urne.
La Scozia rifiuta l'indipendenza dal Regno Unito con il 55% dei voti (i si hanno raggiunto il 45%).
Una vittoria risicata per i non secessionisti, infatti lo scarto di soli 10 punti percentuali ha sortito effetti sul governo britannico che ha già espresso tramite il Primo Ministro David Cameron l'intenzione di concedere una maggiore autonomia alla regione inglese.
Non sono bastati la campagna politica del Primo Ministro Scozzese Salmond ed il commento autorevole del premio Nobel Joseph Stiglitz, che considera la scissione sostenibile grazie ad il mantenimento della sterlina e alle entrate derivanti dal petrolio (si pensi che il 96% della estrazione petrolifera britannica avviene in acque scozzesi).
Una domanda sorge spontanea: perchè i cittadini della Scozia, che possiede un Pil pro capite superiore al resto del Regno Unito, hanno deciso di non staccarsi da Londra?
Prima di tutto va considerato che il petrolio per quanto redditizio non è eterno e per una economia fondata proprio sulla estrazione petrolifera non avrebbe potuto garantire un sistema autosufficiente in caso termine della materia prima.
Inoltre, dati alla mano, la popolazione scozzese sta invecchiando più velocemente di quella del resto del paese e una ipotetica conferma nel tempo di questo trend creerebbe grossi problemi di sostenibilità del welfare nel lungo periodo.
Una motivazione al no è stato sicuramente il timore di fughe di capitali dettate dall'instabilità dei titoli scozzesi. Per quanto il processo di scissione avrebbe comportato un lungo periodo di negoziazione, specialmente in riferimento alle quote di debito pubblico, i mercati sono sempre avversi alle situazioni che generano incertezza.
Proprio per cercare di tamponare un effetto troppo forte sui mercati la Royal Bank of Scotland, il gruppo assicurativo Lloyds, Tesco Bank, TSB Bank e la Clydesdale Bank (tutte quotate alla Borsa di Londra) avevano prontamente annunciato che, nel caso di vittoria dei si, avrebbero spostato le loro sedi nella City.
A tutte queste ragioni si va ad aggiungere il problema legato alla scelta della moneta in quanto dopo il secco no del Regno Unito ad una possibile unione monetaria è stata presa in considerazione l'adozione dell'euro anche se a quel punto la Scozia avrebbe dovuto intraprendere dal principio tutto l'iter burocratico e regolamentare previsto nel processo di annessione all'Unione Europea.
Così, dopo aver allarmato buona parte del mondo occidentale, si è spento l'ardore indipendentista scozzese.

martedì 23 settembre 2014

Amazon, un 'tweet' nel carrello

La novità del giorno arriva da Amazon. La società di Bezos ha annunciato che non solo si potranno fare acquisti con un tweet ma si potranno anche inserire prodotti nella propria "lista dei desideri". Tutto questo sembra però celare l'intenzione del colosso USA di entrare nel mercato dello "Smart Living", come dimostrerebbe l'investimento da 55 milioni di dollari in un centro di ingegneria chiamato "Lab126", dove si starebbe testando un semplice dispositivo wi-fi per fare acquisti da casa con un click.

La scelta di Amazon è molto chiacchierata sui principali blog e siti di tecnologia, come riportato anche dall'ANSA:

"In attesa che veda la luce questo dispositivo, magari da tenere in cucina e con cui comprare detersivi e saponette alla bisogna, gli acquisti su Amazon si fanno via Twitter. Con un retweet ai prodotti cinguettati dal colosso dell'e-commerce, le merci finiscono nella lista dei desideri o direttamente nel carrello della spesa. Per far funzionare il sistema, non ancora presente in Italia, basta collegare gli account di Twitter e Amazon tramite la pagina di impostazioni della seconda."

Prosegue e commenta l'agenzia:

"La strategia di Amazon si fa sempre piu' social. Dopo la possibilità di inserire prodotti nel carrello degli acquisti con un tweet, la compagnia ha esteso la funzione anche alla lista dei desideri. Per mettere una merce tra quelle desiderate basterà rispondere con l'hashtag #AmazonWishList al tweet che pubblicizza quel prodotto.

Usando l'hashtag commerciale della società di e-commerce, #AmazonWishlist, che è stato lanciato ufficialmente Mercoledì, Amazon in collaborazione con Twitter offre un altro modo per attirare i clienti. Il nuovo hashtag è collegato alla lista dei desideri del proprio account di Amazon."

Anche i siti più tecnologici, come PianetaCellulare, fanno notare come il social shopping stia raccogliendo crescente interesse da parte dei giganti del web:

"Anche Twitter sta investendo nel social shopping. Twitter ha annunciato all'inizio di questo mese che sta testando il pulsante "buy" con il quale sarà possibile fare acquisti direttamente dal Tweet. I tweet con il nuovo pulsante per fare acquisti saranno pubblicati dai partner di Twitter. La fase di test è solo il primo passo nella creazione di una nuova funzionalità all’interno di Twitter che prossimamente renderà lo shopping via dispositivo mobile più "conveniente, facile, e, ci auguriamo, più divertente", ha detto Twitter."

E adesso, tutti pronti a twittare il prossimo acquisto.

domenica 21 settembre 2014

ALIBABA: LO SBARCO DEL MILLENNIO

ALIBABA: LO SBARCO DEL MILLENNIO

Venerdì il colosso cinese dell’e-commerce è sbarcato nella piazza più importante del mondo, nel cuore del capitalismo occidentale, a Wall Street. Si è concluso dunque il sentiero dei 100 incontri in circa 2 settimane, diffondendo un’immagine solida della società ma ancor più importante, creando fiducia negli interlocutori.

In verità questa fiducia è stata spesso messa in discussione, sotto i dubbi mossi dai più diligenti investitori, lamentando una mancanza di chiarezza e trasparenza proprio sulla struttura di questo colosso. Al centro delle critiche tali “enti ad interessi variabili”, ovvero gruppi di controllo locati nelle famose Isole Cayman, che fanno perno sull’organizzazione reale in asia. Il risultato suona come qualcosa di particolare, dove il board di direzione è limitato a 30 persone. Tale struttura organizzativa è stata ideata per aggirare i limiti imposti dalla legge in Cina che non permettono un diretto controllo di holding azionarie da parte di investitori esteri.

Queste sensazioni però sono state limitate e il fermento tra gli investitori ha dominato, affrontando quella che è stata definita una delle IPO più importanti di sempre. Prima di tutto per le dimensioni. Un colosso di circa $ 230 miliardi di capitalizzazione che inserisce Alibaba come la 17esima società pubblica per dimensione. Nella sola giornata di venerdì circa $ 21.8 raccolti. Titolo emesso a $68 per azione e balzato a +38% nella prima giornata, dimostrando quanto Mr. Ma abbia in realtà avuto la meglio sulle perplessità emerse durante il tragitto conclusosi venerdì.

O forse non del tutto. Ancora venerdì il discorso inaugurale di Mr. Ma è stato focalizzato verso una crescita nel lungo termine e verso l'idea di creare valore per i futuri 10 anni. Riflessione che sembra aver rassicurato gli investitori. Non sono mancate però le critiche anche sulla modalità di quotazione di Alibaba. Alcuni gruppi di esperti lamentano che circa la metà della capitalizzazione raccolta è stata indirizzata ad un limitato gruppo di investitori e solo una parte minoritaria “aperta al pubblico”. Tale schema ha in realtà influenzato la quotazione, limitando estremamente i comportamenti short nella prima giornata. Quindi può sembrare un balzo in avanti anche in parte guidato in maniera sottile e strategica.

Da un lato i numeri esplosivi, dall’altra alcune riflessioni e dubbi. Quantomeno, venerdì il mondo ha assaporato lo schema di funzionamento Cinese. Spesso oscuro e limitato nelle informazioni sia che si tratti di governo sia che sul tavolo ci siano holding “private”.

La sensazione, è che qualcuno avrebbe dovuto chiedere a Warren Buffet una semplice opinione o commento su Alibaba, sulla sua struttura e sulla quotazione. Questo avrebbe sicuramente creato un balzo ancor maggiore del titolo, ma in un’altra direzione.

venerdì 19 settembre 2014

Quando la crisi arriva da fuori: il Pil della Svizzera si ferma

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La crisi europea comincia ad avere effetti anche sull'economia elvetica. Infatti, come recentemente riportato da Il Sole 24 Ore, nell'ultimo trimestre il Prodotto Interno Lordo svizzero ha raggiunto la crescita zero.
A differenza del primo trimestre 2014 il valore delle esportazioni non è riuscito a compensare le contrazioni della domanda interna. In un paese di piccole dimensioni ed integrato con il mercato europeo l'export ricopre un ruolo particolarmente rilevante, si pensi che che ben il 45% delle esportazioni elvetiche sono destinate ai paesi facenti parte dell'UE.
A contribuire alla frenata del Pil vi sono anche gli investimenti, che dallo 0,2% del primo trimestre sono passati allo 0%, valore definito dalla riduzione di 0,7 punti percentuali negli investimenti diretti nel settore delle costruzioni.
Inoltre, nonostante i consumi privati abbiano registrato una leggera crescita (+0,2%), la spesa pubblica risulta in calo per il secondo trimestre consecutivo.
Al fine di sostenere le esportazioni la Banca Nazionale Svizzera ha mantenuto il valore del Franco Svizzero a o,83 euro tramite una politica di follow nei confronti della BCE.
Tuttavia questi segnali non sembrano allarmare il World Economic Forum che nell'ultima edizione della sua classifica annuale ha confermato la Svizzera in prima posizione tra le economie più competitive al mondo, soprattutto grazie alla qualità del sistema educativo e del mercato del lavoro.
La domanda che ora sorge spontanea è: questa frenata sarà solo un incidente di percorso oppure anche l'orologio svizzero sta cominciando a perdere qualche colpo subendo un effetto contagio dalla crisi sta imperversando nell'area UE?

mercoledì 17 settembre 2014

SMART BETA ETF: IL MARKETING NEL MERCATO DEI CAPITALI

Sono di recente introduzione nel vocabolario e nel mondo finanziario, ed è allo stesso tempo difficile trovare un investitore che apprezzi questi strumenti, gli Smart beta. Pur non essendoci una definizione accreditata per questi prodotti finanziari, si potrebbe definirli come strumenti dal potere del marketing di gran lunga superiore alle loro performance di profitto.

Uno Smart beta è tecnicamente un ETF che può prendere in considerazione qualsiasi cosa tranne il peso della capitalizzazione di mercato dello strumento sottostante. Come intuizione, l'indice S&P 500 è basato sulle variazioni di ogni singola sua componete pesata per la dimensione (capitalizzazione) di ogni società inclusa. Questo non accade per gli ETF Smart beta. Questi ultimi, dunque, si fondano sulla logica che si possa sovraperformare un indice pesato per capitalizzazione di mercato selezionando e pesando i titoli per le più varie metriche come dividendi, volatilità o fatturato. Più semplicemente, è possibile pesare i titoli coinvolti equamente, dando cioè maggiore "importanza" e credito alle società più piccole. Intuitivamente, Smart beta riempiono il divario esistente tra gestione attiva e passiva del proprio portafoglio titoli.

La cosa particolare di questo recente trend è che non c'è nulla di nuovo nel sistema tecnico con cui questi prodotti sono realizzati. Secondo una ricerca condotta da Morningstar, gli Smart beta ETF sono attualmente a +30% di margine da inizio 2014. Sempre più frequentemente, al termine delle conferenze su vari temi dei mercati di capitali, si sente nominare questi strumenti. Un classico caso di Smart beta ETF che ha mostrato un andamento altalenante rispetto al più ampio indice di mercato è il "PowerShare Low Volatility ETF (SPLV), il quale traccia i titoli azionari con la minore volatilità all'interno del' S&P 500. Nel 2011, ad esempio, questo ETF ha sovraperformato il mercato, ma in molti altri casi, come nel 2013, è sembrato di gran lunga meno "Smart" di come il termine possa suggerire.

Gli Smart beta sono dunque tecnicamente degli strumenti finanziari con meccanismi controversi, quantomeno nei rendimenti, come molte altre soluzioni già sulle piazze da più tempo. Investitori sui mercati di capitale hanno invano fatto tentativi di sostituire il label di grande appeal "Smart" con altri termini come "avanzati", "alternativi" o "strategici", senza però aver riscosso particolare successo fino ad oggi. La terminologia "Smart" può quindi creare confusione nella definizione di questo recente gruppo di strumenti finanziari, a maggior ragione conoscendo i loro reali andamenti altalenanti, ma l'aspetto dominante è l'essere attrattivi e appeal nelle scelte degli investitori meno professionali e sempre alla ricerca di nuovi trend, mode e soluzioni finanziarie dove i manager possano seguire passivamente il proprio strumento, prendendo vantaggio di una percepita inefficienza del mercato.
Il cuore del mancato feeling con gli esperti investitori risiete esattamente nel termine stesso, "Smart". È facile intuire il potere del marketing dietro a questa terminologia, che pur senza indicare una tecnica precisa di costruzione, attraggono per essere degli ETF (e quindi strumenti di gestione "passiva") con meccanismi e andamenti che si distanziano dai più utilizzati indici di mercato, e le performance non permettono di definire in modo chiaro una strategia come la più profittevole. Tali soluzioni risultano essere meno costose e impegnative per gli investitori rispetto a valutare e analizzare l'efficienza di una strategia attiva.

 

Il trend degli Smart beta ha già preso il suo corso e non sembra possa dare accenni di arresto. Non rimane quindi che investire le nostre energie nell’ educare gli investitori su cosa sia interamente incluso sotto l’ombrello dei prodotti Smart beta.

lunedì 15 settembre 2014

Quanto pesano gli IDE indiani in Europa?

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Il peso degli IDE indiani e asiatici verso le economie occidentali è cresciuto considerevolmente, come spiegano Amighini, Cozza e Rabellotti  di lavoce.info nel loro articolo “Strategie Europee delle multinazionali di Cina ed India”.


Sono ormai passati più di due anni dall'inizio dello spinoso caso legato alla sorte dei due marò La Torre e Girone detenuti in India.


Questa vicenda ha sicuramente evidenziato la mancanza di peso nella politica internazionale del belpaese ed allo stesso tempo una non volontà di creare eccessivi contrasti tra i paesi ed organizzazioni coinvolte, probabilmente per evitare che questi abbiano gravi ripercussioni in ambito commerciale ed economico.


Nel solo 2013, gli IDE indiani e dei paesi dell'Asia emergente hanno diretto più di 300 miliardi di dollari nelle economie occidentali sotto forma di investimenti diretti esteri.


In particolare, dirigendosi verso il caso indiano e prendendo in considerazione il periodo temporale 2003-11 circa il 33% degli IDE indiani si sono mossi verso i paesi dell'Unione Europea, dei quali il 5% in Italia. Rimane un importante collegamento con l'Inghilterra, ex dominatore coloniale, paese che attrae più capitale indiano rispetto agli altri paesi europei.


Nonostante il movimento altalenante, dovuto principalmente alla crisi economica, gli IDE indiani hanno complessivamente incrementato il loro valore rispetto all'anno di rilevazione iniziale della suddetta analisi.


I settori UE che più attraggono capitale proveniente dalle aziende indiane sono quelli comprendenti l'Information Technology (22%), servizi finanziari (8%), servizi alle imprese (12%) e farmaceutico (10%) A questi, in Italia, i settori del tessile, meccanico ed ingegneristico.


Ovviamente il leader tra gli investitori è il Gruppo TATA, infatti gli investimenti esteri del colosso di Mumbai rappresentano più del 30% del totale degli IDE. Chiari esempi delle operazioni svolte in Europa da TATA sono sicuramente le acquisizioni di Jaguar e Land Rover, due importati brand automotive di origine inglese.


Sembra infatti che il flusso degli IDE si sia man mano modificato nella sostanza, con le economie avanzate che attraggono capitale da quelle emergenti.


In uno scenario dove l'Europa ha un bisogno sfrenato di attrarre capitale dall'estero per poter sostenere il processo di uscita dalla stagnante crisi che affligge il vecchio continente e dove il paese governato da Narendra Modi possiede capitale d'investimento appare facile comprendere perchè nella crisi diplomatica tra Italia ed il paese emergenti gli stati europei e la stessa UE hanno mantenuto un low profile.

sabato 13 settembre 2014

Ecco perché Draghi non poteva fare altrimenti

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Lo scorso 4 settembre il presidente della BCE Mario Draghi ha annunciato un inatteso taglio di 10 punti base dei tassi di riferimento della politica monetaria nell’area dell’euro. A partire dal 10 settembre, il tasso delle operazioni di rifinanziamento principale è diminuito da 0,15% a 0,05%; quello sulla deposit facility da -0,10% a -0,20%; il tasso sul rifinanziamento marginale da 0,40% a 0,30%. Contestualmente, il presidente Draghi ha anche annunciato l’avvio del programma di acquisto di un’ampia gamma di ABS “semplici e trasparenti”, garantiti da prestiti al settore privato non finanziario (misura già annunciata e ampiamente attesa dal mercato) e un non ben definito terzo programma di acquisto di covered bond (le cui modalità e finalità saranno annunciate nella riunione di ottobre del Consiglio direttivo della BCE).

Mentre la decisione sul programma di acquisto di ABS era ampiamente scontata dal mercato, la manovra sui tassi di interesse non era prevista, se non da pochi analisti, ma era inevitabile per almeno tre motivazioni (alcune delle quali più o meno esplicitamente commentate durante la press conference dallo stesso presidente Draghi): 1) motivazioni legate alle aspettative create sul mercato dopo il discorso pronunciato a Jackson Hole; 2) motivazioni concernenti i fondamentali economici; 3) motivazioni di tipo “operativo” e finalizzate a rafforzare le misure annunciate lo scorso giugno (in particolare le Targeted Longer-Term Refinancing Operations – “TLTRO”).

Cerchiamo di capire punto per punto queste motivazioni.

  1. Le aspettative di Jackson Hole


L’intervento del presidente Draghi al simposio di Jackson Hole dello scorso 22 agosto (“The risks of “doing too little” – i.e. that cyclical unemployment becomes structural – outweigh those of “doing too much” – that is, excessive upward wage and price pressures”) aveva, più o meno correttamente, alimentato grandi aspettative tra gli operatori di mercato su ulteriori interventi espansivi di politica monetaria. Le aspettative, però, si erano concentrate su quello che molti ritengono un passo inevitabile anche per la BCE, così come è stato per altre banche centrali: il c.d. “quantitative easing”, ossia l’ acquisto ingente di titoli (di stato) a medio-lungo termine. Tuttavia, con le imminenti aste TLTRO, il Consiglio direttivo della BCE non poteva annunciare una misura che, gioco forza, avrebbe influenzato l’efficacia delle stesse TLTROs, finalizzate a ristabilire i flussi creditizi all’economia reale. Il rischio, quindi, era quello di “deludere” le attese di mercato: bisognava annunciare un’altra misura espansiva per rafforzare la credibilità e la determinazione della BCE.

  1. Il peggioramento dell’outlook macroeconomico e l’allentamento della stance di politica monetaria


Dallo scorso giugno, data in cui erano già stati ritoccati al ribasso i tassi ufficiali, l’outlook macroeconomico è peggiorato. Con la ripresa più lenta del previsto, i recenti dati economici deludenti e le maggiori pressioni al ribasso sulle aspettative di inflazione, il Consiglio Direttivo non poteva non segnalare un allentamento della stance di politica monetaria. Soprattutto il rischio al ribasso sulle aspettative di inflazione, segnalato nel discorso dal presidente Draghi con l’esplicito riferimento alla riduzione dell’inflazione attesa “tra cinque anni per i prossimi cinque anni” (“five year in five years inflation”) al di sotto del 2%, ha contribuito significativamente a tale decisione.

La riduzione dei tassi, che il presidente Draghi ha in un primo momento definito “tecnica” (per poi correggersi lui stesso rispondendo a una domanda), mantiene, quindi, tutta la sua valenza segnaletica in termini di allentamento monetario.

  1. Definizione della lower bound dei tassi di interesse ufficiali


E’ questa la motivazione che potrebbe definirsi “tecnica” o, meglio, legata all’assetto operativo dell’Eurosistema. Le attese su eventuali possibili futuri tagli dei tassi e la poca chiarezza sull’essere o meno arrivati alla famosa “lower bound” avrebbero potuto limitare l’efficacia delle operazioni TLTRO. Il tasso di tali operazioni è, infatti, definito sulla base del tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali alla data della relativa TLTRO (le prime due previste per il 18 settembre e l’11 dicembre). Era necessario, quindi, fare chiarezza, dire che il limite inferiore per il livello dei tassi ufficiali era stato raggiunto, per fare in modo che il sistema bancario europeo facesse, fin da subito, il massimo ricorso possibile a tali operazioni. Ed è per questo che il taglio è stato di 10 punti base (non di 5 per esempio): era necessario toccare il fondo, almeno per quanto riguarda il livello dei tassi.

E il famoso Quantitative Easing (di cui parleremo più approfonditamente in un post separato)? Se il piano di Draghi andrà in porto, non ce ne sarà bisogno. Infatti, se le operazioni TLTRO avranno il successo che ci si attende, l’espansione del bilancio dell’Eurosistema, citata dallo stesso Draghi nella press conference, avverrà attraverso tali operazioni, esplicitamente disegnate per fornire credito all’economia. Il sistema bancario, se lo richiederà, avrà a disposizione un’ immensa quantità di liquidità con cui fare credito all’economia (confidando in una ripresa della domanda di credito e nella realizzazione di quelle riforme strutturali auspicate più volte dallo stesso presidente della BCE), alimentando la ripresa economica e rialzando le aspettative di inflazione, uno dei principali obiettivi di un programma di quantitative easing propriamente detto.

Se tutta va in secondo i piani.

giovedì 11 settembre 2014

Crowdfunding: Il marketing che non ti aspetti

La nuova tendenza delle startup americane e' il crowdfunding. Fin qui, niente di nuovo, se non fosse che queste azienda cominciano a sbarcare su piattaforme come Kickstarter e Indiegogo non più per raccogliere fondi, come sarebbe naturale aspettarsi, ma per raccogliere utenti.

"Kickstarter non è la via più efficiente per raccogliere fondi attraverso il crowdfunding, ma è la migliore per raggiungere gli utenti" commenta James Proud, CEO 23 enne a capo di una startup di nome Hello, Inc., uno dei recenti casi di aziende che lanciano campagne di crowdfunding avendo già dei venture capitalist alle spalle e che partono alle ricerca di lead user entusiasti per promuovere il proprio prodotto.

Queste piattaforme di crowdfunding sono il luogo ideale per raggiungere lead user da "usare" come veicolo per la propria idea.

Il problema, dicono molti addetti ai lavori, è che discernere tra le aziende che sono realmente alla ricerca di fondi e quelle che vogliono semplicemente "farsi vedere" non è per nulla semplice, anche perché, attualmente, ne Kickstarter ne Indiegogo richiedono ai propri utenti di diffondere eventuali partecipazioni di venture capitalist nell'azienda e eventuali round di funding già ricevuti.

"Sarebbe più giusto nei confronti delle persone che decidono di contribuire che le aziende fossero trasparenti riguardo alla loro situazione finanziaria" dice Connie Loizos del blog Strictly VC.

A fine luglio, Proud ha usato Kickstarter per lanciare il primo prodotto della sua azienda, "Sense" un dispositivo che analizza la qualità del sonno. "Lanciare un prodotto semplicemente annunciandolo e' una strategia che non puoi funzionare per una startup, bisogna generare interesse".
Nelle prime 6 ore la campagna di "Sense" ha raggiunto l'obbiettivo prefissato di 100.000 dollari e, ad oggi, ha raccolto più di 1.8 milioni di dollari da più di 14.000 persone.

Oggi il crowdfunding attrae grande interesse in tutto il mondo e anche in Italia si affacciano i primi progetti, sebbene il ritardo rispetto alla realtà americana richiederà tempo per essere colmato.

lunedì 8 settembre 2014

USA, UE ed il progetto TTIP

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Di fronte alla frenata dell'economia mondiale (il FMI ha recentemente rivisto al ribasso le sue stime di crescita globale dal 3,7% al 3,4%) Unione Europea e Stati Uniti stanno negoziando un accordo di libero scambio: il TTIP, acronimo di Transatlantic Trade and Investment Partnership.

Questo accordo, i cui negoziati sono partiti lo scorso anno, non prevede soltanto una eliminazione dei dazi doganali e quindi all'apertura dei mercati per i servizi, investimenti ed appalti pubblici tra i paesi membri dell'Unione e gli USA, ma anche una procedura di armonizzazione delle regolamentazioni che rappresentano forse la questione più spinosa dell'accordo.

Infatti il liberalismo economico americano si scontrerebbe inesorabilmente con i regolamenti e le direttive europee che tuttora definiscono le regole del mercato comunitario.

Secondo una ricerca svolta dal Centre for Economic Policy Research l'attuazione TTIP porterebbe all'economia europea uno slancio del 0.5% del Pil con un beneficio annuo di circa 545 euro per famiglia media europea.

Questo accordo sembra essere una via d'uscita dalla crisi che ha portato l'economia comunitaria alla stagnazione che caratterizza i suoi paesi membri.

Ovviamente non tutte le ricerche vanno nella stessa direzione, vi è anche dello scetticismo legato agli effetti positivi di questi accordi.

Infatti l'OFSE, centro di ricerche austriaco, sostiene che l'abolizione dei dazi doganali farebbe perdere alla UE incassi per 2.6 miliardi di euro, cifra non trascurabile, e non avrebbe effetti particolarmente positivi sulla disoccupazione (“Vogliamo parlare del Ttip?” di Tino Oldani, formiche.net).

Inoltre, come scrive Novy nel suo articolo “A che punto è il mercato comune Europa-Usa?” (lavoce.info), il settore agricolo, che come previsto dal Patto Agricolo Comunitario riceve notevoli sovvenzioni, subirebbe dei forti contraccolpi mettendo in difficoltà soprattutto i paesi dell'Europa Mediterranea. Riguardo ciò i governi europei non hanno ancora indicato che tipo di azioni hanno intenzione di intraprendere per evitare o ridurre eventuali complicazioni causate dall'accordo nonostante ormai si sia arrivati al V round di negoziazione.

Un altro problema riguarda la campagna di informazione, svolta esclusivamente dalla Commissione ed effettivamente insufficiente se si considera l'importanza di questo progetto.

Bisogna inoltre considerare che gli Stati Uniti stanno portando avanti i negoziati per il Trans Pacific Partnership, che vede coinvolti, oltre agli USA, Canada, Malesia, Giappone, Perù, Australia, Nuova Zelanda, Singapore, Brunei, Vietnam, Cile e Messico.

Queste operazioni sembrano essere un tentativo da parte degli Stati Uniti per contenere l'asse Russia-Cina e mantenere un ruolo centrale nelle dinamiche economico-commerciali mondiali.

Con la creazione di queste aree di scambio ed i loro regolamenti viene lecito chiedersi: che fine farà il WTO?

Ai posteri l'ardua sentenza.