venerdì 11 settembre 2015

Disoccupazione in Europa al minimo da tre anni


Il tasso di disoccupazione è diminuito fino ai livelli minimi degli ultimi tre anni, arrivando al 10,9% nel mese di luglio, fornendo dati incoraggianti per gli stati, come l’Italia, colpiti duramente dalla crisi economica dell’eurozona.
La contrazione del tasso di disoccupazione, misurata in 213.000 posti di lavoro, porta l’indice ai valori più bassi dal mese di febbraio 2012. Attualmente nell’eurozona circa 17.5 milioni di persone rimangono senza il posto di lavoro.
In Spagna il tasso di disoccupati è sceso dal 24,3% al 22%. Grecia, Portogallo e Irlanda, tutti stati che hanno ricevuto aiuti economici, hanno diminuito il tasso di circa due punti percentuali, arrivando rispettivamente a 25%, 12,1% e 9,5%.
In Italia, grande protagonista in questa statistica, il tasso è crollato al 12% nel mese di luglio, valore minimo da più di due anni, dato che ha acceso i riflettori su Matteo Renzi che ha comunicato l’andamento attraverso un video messaggio.
“Questi non sono solo numeri, queste sono donne del meridione che hanno trovato un’occupazione, questi sono 50enni che hanno nuovamente una possibilità”, ha dichiarato il premier italiano. “Questo è uno paese pronto ad una nuova partenza”.
Il declino del tasso di disoccupazione in Italia è stato inaspettato perché arrivato dopo due mesi consecutivi di incremento. Il tasso di disoccupazione giovanile è diminuito nel mese di luglio a 40,5%, che è anch’esso il valore più basso degli ultimi due anni, partendo dal 43% di giugno. Tali dati riescono a rinforzare la confidenza nella solidità del recupero economico del paese, che è iniziato timidamente all’inizio del 2015 dopo aver visto 3 anni di stagnazione e recessione. Sempre in Italia, sono stati riviste a rialzo le previsioni del PIL per la seconda parte dell’anno.
L’apparente stato di salute del mercato del lavoro italiano è stato uno dei principali aspetti di preoccupazione del governo italiano ed europeo. I disoccupati hanno raggiunto il livello massimo in chiusura del 2014 al 13% e seppur i buoni risultati di luglio sulle soglie del 12% i livelli restano di molto sopra i valori pre crisi, che vedeva il tasso a circa il 6%.
I recenti dati dei mesi di giugno e luglio, intrecciati con le previsioni positive del PIL, potranno incoraggiare le società ad aumentare le assunzioni. Il numero di lavoratori italiani è cresciuto di 235.000 tra luglio 2014 e luglio 2015, e di 44.000 tra giugno e luglio di quest’anno.
Ciononostante il fondo monetario internazionale ha comunicato che in assenza di una “accelerazione significativa” della crescita economica in Italia, potrebbe essere necessario fino a 20 anni perché il tasso di disoccupazione possa rientrare sotto i livelli pre crisi.

giovedì 10 settembre 2015

Il rublo e il petrolio a braccetto


La moneta russa sta tracciando il prezzo del petrolio con una correlazione vicina ai massimi di sempre, dopo che il rublo ha inanellato il quarto mese di perdite spingendolo verso record negativi.
Più in dettaglio, il rublo si è indebolito del 8,1% in agosto così come il prezzo del Brent, utilizzato in larga parte per prezzare le esportazioni della Russia, è diminuito del 6,4%. Questi trend hanno spinto l’indice di correlazione a 30 giorni tra rublo e petrolio a 0,82, il livello più alto registrato da Moscow Exchange dal 2003. Leggendo il valore come 1 significherebbe che la moneta e il greggio si muoverebbero in perfetta correlazione.
Da quando il governo ha deciso di abbandonare il regime controllato della moneta nel novembre scorso, il più grande esportatore di energia al mondo ha permesso che il rublo potesse essere commerciato più o meno liberamente. Il più ampio vantaggio per la Russia di un indebolimento della propria moneta è quello di favorire le esportazioni e di contenere il declino delle vendite di petrolio e gas, che incidono per circa il 50% delle entrate pubbliche. Questo andamento dunque alleggerisce il crollo del petrolio che altrimenti avrebbe provocato ferite davvero profonde nei bilanci pubblici, provocando recessione e deficit nel budget.
La moneta rimarrà probabilmente ancorata all’andamento del petrolio, che è “il maggior driver” secondo Dmitry Polevoy, economista per la Russia presso ING Groep NV a Mosca, il quale proietta il rublo in ulteriore sofferenza sulla base dei rischi derivanti dai movimenti della Federal Reserve sui tassi d’interesse e dagli andamenti economici della Cina.
Il petrolio Brent ha registrato una delle peggiori mensilità di sempre durante agosto, e i produttori sembrano non voler arrestare i livelli di greggio immessi sui mercati facendo persistere dunque l’eccesso di offerta rispetto alla domanda mondiale.
Lo scenario del greggio pesa inesorabilmente su tutti gli asset russi, come ad esempio sui bond in moneta locale che hanno perso 9,6% nell’ultimo mese. Il governo russo sembra iniziare ad essere scomodo con l’andamento della moneta interna, e la banca centrale ha bloccato gli acquisti di moneta straniera dopo averli introdotti a metà maggio quando il rublo si rafforzò toccando il picco del 2015.
Il deprezzamento mensile del rublo è stato sorpassato solamente dalla moneta della Malesia ringgit tra 24 mercati in via di sviluppo dopo che il crollo della moneta cinese yuan ha mandato scossoni al mercato globale e che gli investitori attendono il primo incremento dei tassi di interesse in America dal 2006.

mercoledì 9 settembre 2015

Il terremoto dei mercati in Cina fa tremare l’Europa


Il peggior mese degli ultimi quattro anni per i mercati azionari europei ha infine creato una profonda ammaccatura nel livello di confidenza degli investitori.
I caldi spiriti dei Trader, che avevano visto le proprie aspettative lievitare sulla base delle proiezioni dei profitti trimestrali e delle promesse di stimoli della banca centrale, si sono raffreddati negli ultimi giorni, rastrellando liquidità dai fondi della zona euro per la prima volta in oltre 15 settimane.
“Quando monetizzi i profitti lo fai dove i profitti sono stati fatti”, ha dichiarato Romain Pasche, direttore degli investimenti di EFG Bank a Ginevra. “E quest’anno gli investitori hanno fatto i profitti in Europa”.
L’indice Euro Stoxx 50 ha scalato fino ad arrivare a 22% durante l’ultimo anno prima di andare in stallo. Dopodiché è arrivato agosto, che ha preso una strada verticale verso il ribasso bruciando qualcosa come $8.4 Tn di valore azionario. Anche l’ottimismo per gli stimoli della banca centrale europea non è stato sufficiente per mantenere il livello dei titoli raggiunto in primavera. Il gruppo svizzero Credit Suisse ha tagliato il proprio target di fine anno per l’indice Euro Stoxx 50 del 10%, e Goldman Sachs ha ridotto drasticamente la propria quota allocata nell’azionario europeo.
Agosto è stato il mese dove la volatilità ha raggiunto i livelli che non si vedevano dal 2008. Il prezzo delle opzioni di vendita dell’indice Euro Stoxx 50 è balzato di oltre il 50% dal 20 agosto, rispetto a quello delle opzioni di acquisto. Circa 8 su 10 dei contratti più posseduti dagli investitori sono “bearish”.
Gli investitori hanno prelevato $3.6 Bn dai mercati azionari europei solo nella settimana terminata il 26 agosto, secondo quanto riportato da una nota emessa dal gruppo Bank of America. Questo rappresenta il più grande flusso di moneta in uscita da ottobre 2014.
La contrazione di agosto ha quasi completamente vaporizzato i margini positivi realizzati nell’anno, con l’indice tedesco Dax tra i più scottati, poiché sono aumentate le preoccupazioni circa le esportazioni che saranno colpite dalla svalutazione della moneta cinese. L’euro, il cui crollo di inizio 2015 ha contribuito alla crescita dell’azionariato, ha ripreso terreno dato anche grazie al “Carry Trade” realizzato sulla moneta dagli investitori.
Rispetto al mercato americano, l’equity europeo risulta più attraente. L’indice VStoxx, che traccia le aspettative delle oscillazioni dell’Euro Stoxx 50, è vicino ai livelli più bassi visti nel 2012. Questo è dovuto parzialmente al fatto che la Federal Reserve si sta preparando ad innalzare i tassi d’interesse.

martedì 8 settembre 2015

Il governo Obama aumenta il salario minimo: il rovescio della medaglia


Le proteste dei dipendenti dei fast food che hanno caratterizzato la primavera statunitense hanno spinto il governo americano ad approvare un pacchetto di riforme che prevede l'aumento del salario minimo per i lavoratori del settore da 7,25 a 15 dollari l'ora in tre anni, entro il 2018.
Questo movimento, nato a New York nel 2012 è infine riuscito ad ottenere ciò che chiedeva grazie ad un numero sempre crescente di adesioni riuscendo quindi a porre la questione fino agli uffici di Washington.

Gli analisti prevedono che il raddoppio del salario minimo permetterà a 140.000 persone di uscire da situazioni di indigenza contribuendo a stimolare i consumi interni.

Senza mettere in dubbio la bontà della mossa di Obama vanno considerati anche gli effetti indesiderati conseguenti al cambiamento del salario minimo.
Bisogna considerare che nel mondo della ristorazione il costo del personale compone circa il 30% dei costi totali supportati ed un incremento del primo produce inequivocabilmente delle scosse che impattano anche la strategia stessa dei datori di lavoro.

Infatti molte compagnie di ristorazione sono al lavoro per ridurre i costi legati agli stipendi del personale cercando di ridurre il numero di lavoratori in un modo molto semplice: introducendo l'utilizzo dei robot al posto dei dipendenti.

In questo modo le aziende di ristorazione, che impiegano 2.4 milioni di camerieri, quasi tre milioni di cuochi ed oltre tre milioni di cassieri potranno ridurre in modo considerevole i costi sostenuti.

Questa iniziativa avrebbe un effetto sociale opposto all'obiettivo prefissato dall'azione di aumento del salario minimo in quantro contribuirebbe all'aumento della disoccupazione (peraltro nella fascia più debole della popolazione americana).

Ma non tutti sono così convinti di questa strategia. Infatti, come scrive il Washington Post l'introduzione massiva di robot nei punti vendita implicherebbe una notevole quantità di investimenti che in caso di impatto negativo negli affari metterebbero in crisi anche colossi della ristorazione fast food.

Inoltre, specialmente negli Stati Uniti, la presenza dei dipendenti nel ristorante è considerata un vantaggio concorrenziale, visto che molte persone scelgono i fast food non solo per questioni economiche, ma anche per la possibilità di interazione umana.

Il settore della ristorazione in America subirà quindi una importante ristrutturazione grazie all'introduzione delle riforme volte ad aumentare il salario minimo e solo il tempo saèrà dirci se Obama ed il suo governo si sono mossi nella corretta direzione anche in funzione della riposta dei datori di lavoro.