venerdì 6 marzo 2015

La svalutazione dell'euro e la potenziale guerra valutaria

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Il recente deprezzamento dell'euro ha innescato una catena di provvedimenti nell'economia monetaria di molti paesi del mondo (si vedano gli articoli precedenti dedicati a Svizzera e Danimarca). E' indubbio che i movimenti della moneta comunitaria, data la propria importanza nell'economia mondile, produca effetti importanti globali.

Si pensi che a seguito dell'espansione monetaria condotta dalla BCE guidata da Mario Draghi, per non far diventare troppo costose le proprie monete, hanno aumentato l'offerta di moneta anche Norvegia, Vietnam, India, Canada,Turchia,Singapore ed Australia.

Al momento gli Stati Uniti hanno deciso di non modificare seguire le scelte della BCE, consentendo un apprezzamento della propria moneta nei confronti dell'euro

Sebbene il governatore della BCE abbia sempre dichiarato che la politica espansiva promossa dall'istituizione europea abbia come obiettivo spingere le banche a prestare più soldi alle imprese per stimolare gli investimenti, è pur sempre vero che una moneta più debole favorisce le esportazioni.

Quindi nei mercati esteri i prodotti europei, risultando meno cari, sarebbero recepiti molto più dalla domanda interna rischiando di mettere in difficoltà la produzione nazionale del paese coinvolto.

Ma c'è un'altro aspetto che deve necessariamente essere considerato.

Negli ultimi anni grandi operatori finanziari, soprattutto hedge found e fondi pensione americani, hanno investito notevoli quantità di capitali nei paesi emergenti ed in via di sviluppo del Sud America, Asia ed Africa.

L'apprezzamento del dollaro nei confronti delle valute locali rende i debiti sempre più cari e quindi aumenta il rischio di insolvenza determinando un potenziale effetto default a catena.

Resta da vedere fino a che punto gli Stati Uniti accetteranno questa situazione senza operare anch'essi con politiche monetarie espansive.

Non resta quindi per i paesi aderenti all'unione monetaria che godersi il momento,sperando che le proprie economie, grazie ai benefici legati alla moneta debole, cambino marcia ed accellerino il processo di ripresa, prima che il colosso americano decida di non assecondare più la scelta di Draghi.

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