domenica 5 aprile 2015

Indice PMI su, la disoccupazione in Italia pure

I principali mercati europei mostrano segno positivo a seguito dei dati incoraggianti arrivati sull’economia europea. In particolare, nel settore manifatturiero sembra consolidarsi la striscia positiva di risultati che permette di proiettare l’Europa in una posizione di crescita e non di contrazione.

Milanofinanza riporta “l'indice Pmi finale di Markit relativo al settore della manifattura ha infatti toccato i massimi degli ultimi 10 mesi a 52,2, superando la lettura flash di 51,9. È il 21esimo mese consecutivo che il dato è sopra la soglia di 50, che separa la crescita dalla contrazione”.

Nascono però in modo spontaneo delle riflessioni sul fatto che tali segnali siano dettati maggiormente da fattori macroeconomici rispetto a quelli strutturali interni europei, intesi come riforme e manovre economiche interne. “Le imprese manifatturiere hanno tratto vantaggio dall'indebolimento dell'euro, che ha avuto il doppio effetto di stimolare la concorrenza sui mercati esteri e rendere più cari sui mercati nazionali i beni importati dello stesso tipo. Di conseguenza i nuovi ordini hanno registrato la crescita migliore da quasi un anno. Inoltre il fatto che le imprese campione stanno aumentando gli organici al tasso più veloce in tre anni e mezzo dimostra l'ottimismo delle aziende sul proseguimento della ripresa nei prossimi mesi. La maggiore domanda sta inoltre aiutando aziende e i fornitori a ripristinare il loro potere di fissare i prezzi. Infatti, per la prima volta in sette mesi sono aumentati i prezzi di acquisto, mentre sono rimasti generalmente stabili i prezzi di vendita”.

L’onda positiva degli indicatori copre i principali paesi dell’eurozona, Italia compresa. “Anche in Italia a marzo l'attività manifatturiera è cresciuta al ritmo più veloce degli ultimi 11 mesi, rafforzando le prospettive di una ripresa dell'economia dopo tre anni di recessione. L'indice Pmi è salito a marzo a 53,3 da 51,9 di febbraio, il secondo mese consecutivo sopra la soglia di 50 che separa l'espansione dalla contrazione”.

Circa l’Italia, questo fattore stride però con altri indicatori interni che vedono il paese ancora nel pieno delle difficoltà. L’area di sofferenza riguarda ancora una volta il tema del lavoro e dell’occupazione. Il quotidiano online businesspeople fotografa in modo chiaro l’aggiornamento dei dati dell’istituto statistico: “nonostante i segnali di ripresa registrati a dicembre 2014, con febbraio 2015 la disoccupazione ha ripreso a crescere. L’Istat ha registrato infatti un tasso pari al 12,7%: lo 0,1% in più rispetto a gennaio 2015, nonché un +0,2% rispetto a febbraio 2014. La situazione peggiora se si considera la fascia tra i 15 e i 24 anni: l’incremento mese su mese è del +1,7% per un tasso generale di disoccupazione giovanile pari al 42,6%. Ma c’è chi sta ancora peggio: le donne. Nel giro di un solo mese, le lavoratrici che si sono ritrovate a casa sono state 42 mila (-0,4%). La causa sarebbe da rintracciarsi nella decisione di alcune imprese di ritardare le assunzioni, per poter usufruire delle più vantaggiose regole contemplate dal contratto a tutele crescenti (dove il licenziamento è più facile)”.

Come presentato più volte dagli economisti, l’Europa si trova di fronte ad alcuni fattori macroeconomici favorevoli e i diversi indicatori incatenano segnali di ripresa. E’ necessario però sfruttare al meglio il momento supportando la crescita con riforme interne nei paesi. L’Italia sta affrontando questa grande sfida, che rappresenta a sua volta l’unica strada possibile da percorrere per una crescita di lungo periodo, senza quindi rendere vana la spinta del QE europeo.

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