sabato 18 ottobre 2014

Bitcoin, la moneta virtual arriva nel bancomat

Per capire il fenomeno Bitcoin, ormai, non serve più nemmeno affacciarsi oltreoceano. La rivoluzione Bitcoin è realtà anche in Italia. Tra gli ultimi a raccontarla, un interessante articolo di Repubblica:

"CI SI può ormai pagare di tutto. Dal barbiere al caffè. Piano piano bitcoin, la criptovaluta virtuale creata da Satoshi Nakamoto, sta sgranocchiando sempre più fette di mercato reale. Si moltiplicano i negozi che l'accettano, per trovarli basta andare su CoinMap.org o scaricare l'androidiana QuiBitcoin, dedicata al nostro Paese. Così come i modi per acquistarla velocemente. Sono conosciuti come Bancomat, Atm, o vending machine. Sintetizzando: sono degli oggetti che scambiano euro, o altre valute, in bitcoin. Seguono dinamiche a volte diverse, ma hanno un obiettivo comune: diffondere la tecnologia. Usandoli, anche chi non ha particolari competenze informatiche, può ottenere moneta matematica. Basta scaricare un'app, a volte seguire un processo di autenticazione, inserire banconota et voilà, il gioco è fatto. Tutto in meno di dieci minuti. Senza dover seguire la trafila, spesso farraginosa, che impone la registrazione su una delle tante piattaforme di exchange presenti online. E che richiede tempi più o meno lunghi.
Atm, bancomat o vending machine: il bitcoin si acquista in 10 minuti"

A leggere di filata, la storia fa quasi paura.

"Il primo ha fatto la sua comparsa a Vancouver, in Canada, dentro a un coffee shop. Un negozio di dischi, nella stazione di Helsinki, in Finlandia, è stata la prima tappa europea. Nel mondo, al momento, se ne contano circa 200. Cinque le principali aziende che si spartiscono il grosso del mercato: Lamassu, Robocoin, Bitaccess, Skyhook e Genesis1. In Italia, invece, sono cinque le macchine del genere censite su Coinatmradar, la cartina consultabile sulla rete che permette di trovare questo tipo di Atm ovunque. Più una è in arrivo a Milano."

Il primo Bancomat Bitcoin e' gestito da due ragazzi emiliani:

"Inaugurato il sei settembre scorso, adesso è guasto, ma - assicurano - sarà riparato a breve. A gestirlo sono due ragazzi: Marco Argentieri e Fabio Guercio, di 19 e 22 anni. Un anno fa hanno dato vita a ReggioBit per promuovere la criptovaluta nel loro territorio. Prima scambiavano i bitcoin di persona, incontrando gli acquirenti, con cui prendevano appuntamento tramite il loro sito. Poi, con il supporto di un'azienda londinese, Bitroad, sono riusciti ad aver in concessione uno Skyhook: una sorta di Atm portatile dal software open source. E ad automatizzare il processo. Racconta Argentieri: "Dal denaro scambiato tratteniamo il dieci per cento che ripartiamo con il negozio e Bitroad. Tutto ciò che posso dirti è che il primo giorno abbiamo superato le dieci operazioni, la stessa quantità che di persona facevamo in un anno. Un piccolo successo. Per noi è stata soprattutto un'operazione di marketing, vogliamo far conoscere la criptovaluta a livello locale. Abbiamo persino fatto una campagna di volantinaggio. Se fossimo in Silicon Valley sarebbe diverso, c'è una mentalità più orientata verso l'high tech. Qui se non fai comunità, se non informi, sarebbe un investimento quasi buttato all'aria. C'è poca domanda intrinseca. L'Italia è lentissima ad adottare le nuove tecnologie"."

Ma la vera domanda è se è quanto potrà durare, visto che molto del traffico di Bitcoin è oggi possibile grazie alle politiche di deregulation applicate dalla maggior parte direi governi nei confronti della valuta virtuale:

"Deregulation. Certo, la mancanza di direttive non è solo un problema italiano. La criptovaluta virtuale è un fenomeno del tutto nuovo e, come tale, ha messo in crisi i legislatori del mondo. In Russia sono vietati. La Banca Centrale cinese ne ha bandito l'uso all'interno delle istituzioni e nei sistemi bancari registrati, ma non tra privati. In Canada sono accettati e tassati, nello stato di New York è al vaglio un disegno di legge, la Germania li ha classificati come una moneta privata. Un vero far west. In Italia lo stato dell'arte ce lo sintetizza l'avvocato Lodovico Artoni, membro del board di CashlessWay, l'associazione nata per promuovere i pagamenti digitali. "Il governo", riassume, "non sta facendo nulla. C'è un vero buco normativo. Il problema è a monte. Come possiamo classificare i bitcoin? È la prima domanda che dobbiamo porci. Se li consideriamo una valuta, gli Atm dovranno essere paragonati a dei cambia valute e sottostare a delle leggi particolari. Se li consideriamo un oggetto, invece, saranno equiparabili a delle semplici vending machine, cioè a quelle macchinette in cui inseriamo degli euro. Per, in cambio, ricevere bottiglie d'acqua. In questo caso, però, si tratterebbe di un'attività commerciale e andrebbe applicata l'Iva"."

Con on buona pace del fisco e della trasparenza finanziaria...

"Nel frattempo vige l'anarchia. O, meglio, ognuno si regolamenta come crede. Nessuno dei servizi da noi contatti ha ancora adottato delle misure fiscali. Alcuni identificano gli utenti, altri no. Mentre tutti non accettano transazioni in contanti superiori ai mille euro, nel rispetto della legge entrata in vigore dal 1 gennaio 2012 volta a contrastare il riciclaggio. Federico Pecoraro, con la sua Robocoin, la sola in grado di convertire euro in bitcoin ma anche bitcoin in euro, assicura di rispettare le direttive internazionali. La macchina propone un sistema di autenticazione basato su quattro step. Tra cui il riconoscimento della vena vascolare palmare che lui definisce "la password più sicura al mondo". Posizionata a Roma, nella Stazione Termini, Robocoin Kiosk è l'Atm che lavora di più, stando alle stime che ha fornito Pecoraro: mille euro di criptovaluta scambiati al giorno, ma solo il 2 per cento di operazioni inverse. "Basta spacciatori di Bitcoin", è il suo appello. "Serve una regolamentazione, ma ad hoc: i piani finanziari attuali non sono per nulla conformi a questa nuova tecnologia. Si dovrebbero riscrivere"."

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