La scorsa settimana l’Organizzazione per la Cooperazione e
lo Sviluppo Economico, di cui fanno parte la maggior parte dei paesi
dell’Unione Europea (21 su 28, tra cui l’Italia), ha pubblicato i dati sulla
disuguaglianza economica.
In particolare, nel rapporto “In It Together: Why Less
Inequality Benefits All” è stato analizzato il divario economico tra i paesi e
tra i cittadini all’interno di questi.
Il risultato è stato decisamente sconfortante.
Nei paesi appartenenti all’OCSE il livello di disuguaglianza
ha raggiunto i valori più alti dell’ultimo trentennio.
Il 10% più ricco della popolazione guadagna circa 10 volte
di più del 10% più povero.
Un ruolo determinante è stato sicuramente svolto dalla crisi
economica, che ha indebolito il ceto medio basso, flagellato dalla
disoccupazione e dal lavoro precario.
Infatti il deterioramento del dato è legato ad un
peggioramento delle condizioni dei poveri e non ad un vero e proprio aumento
della ricchezza dei più facoltosi.
Mentre nei paesi sviluppati il divario cresce nei paesi
emergenti questo ha cominciato recentemente a contrarsi, nonostante questo
rimanga minore nei primi.
Come è stato sottolineato dalla stessa organizzazione, vi è
un importante correlazione tra istruzione disuguaglianza e crescita economica.
Infatti dove è presente una forte diseguaglianza risulta più difficile
l’accesso alla scuola ed università e questa condizione priva il paese
considerato di avere un buon numero di lavoratori qualificati, che notoriamente
riescono a garantirsi stipendi maggiori.
Inoltre, la qualità dell’istruzione svolge un ruolo
fondamentale nella crescita economica di un paese.
Studi empirici hanno dimostrato che vi è un rapporto causale
tra un miglior rendimento scolastico e crescita economica del paese. Un esempio
possono essere sicuramente i paesi dell’Asia Orientale (ad esempio la Corea del
Sud), nei quali vi è stato un forte sostegno al potenziamento del sistema del
sistema scolastico ed universitario ed una crescita economica media superiore
del 2,5 % di quella globale.
In Italia, dove la spesa per le pensioni è circa quattro
volte quella scolastica (che negli ultimi anni ha conosciuto continui tagli),
questi risultati lasciano un po’ di amarezza.
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