martedì 12 maggio 2015

La Cina che beve il petrolio

La Cina è ufficialmente diventato il paese con le più alte importazioni di greggio al mondo. Gli Stati Uniti sono stati spodestati dal primo posto dopo moltissimo tempo.

Nonostante l’economia cinese stia registrando un inesorabile rallentamento, quantificato in un valore di Prodotto Interno Lordo di circa 7% su base annua, il paese ha importato un totale di 7,4 milioni di barili al giorno nel mese di aprile. Gli Stati Uniti sono stabili al livello di 7,2 milioni di barili. La notizia ha creato stupore tra i mercati finanziari poiché la domanda di greggio derivante dal mercato cinese era prevista in discesa.

Ma come si sta muovendo il prezzo del petrolio? Dopo la caduta verticale dei prezzi del petrolio partita nel 2014 e rafforzata dalle decisioni dell’OPEC di novembre, nel 2015 i prezzi dei Future risultano essere quanto di più imprevedibile sia presente nei mercati. Con una crescita costante ma dettata da un’elevata volatilità, il prezzo ha sfiorato la soglia dei 70$ al barile in aprile, partendo da circa 55$ al barile in gennaio. L’imprevedibilità della traiettoria dei prezzi del greggio è data dal fatto che i fondamentali sono contrastanti rispetto alla crescita dei prezzi. Da un lato la domanda globale di petrolio stenta a decollare, ad eccezion fatta per la Cina. Questo non si associa al meglio alla costante crescita dell’offerta di greggio, ai massimi livelli di sempre a causa della produzione massiva di Stati Uniti e OPEC.

Gli investitori maggiormente esperti delle commodities hanno iniziato a scommettere sul rialzo dei prezzi fin dalle prime settimane del 2015, anticipando l’eventuale diminuzione della produzione prevista nella seconda metà dell’anno. Ad ora, a maggio, tale decremento non sembra poter accadere nel breve, anzi i livelli di produzione sembrano in lenta e costante crescita. Un esempio, gli Stati Uniti hanno aumentato la produzione di circa 340 mila barili al giorno da novembre. Come dicevamo, dopo aver sfiorato la soglia dei 70$ al barile, il petrolio è ora scambiato al prezzo indicativo di 65$ al barile.

Staccando la lente d’ingrandimento dai mercati finanziari, come impatta questa situazione sull’economia reale? L’economia ha solo da guadagnare dal prezzo debole del petrolio, specialmente in aree dove la ripresa economica è in difficoltà come l’Europa. L’ultimo aggiornamento di Confindustria ha indicato come mantenendo tali livelli dei prezzi del petrolio (range da 60$ a 70$ al barile) genererebbe un aumento del PIL pari a circa 0,5% su base annua nel 2015 e 1,1% nel 2016.

Bisogna dunque tenere monitorati gli appuntamenti dell’OPEC nei mesi caldi di giugno e luglio per capire se la traiettoria dei prezzi verrà confermata o meno, dettata appunto da un eventuale taglio nella produzione.

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