mercoledì 7 gennaio 2015

E alla fine arrivò la deflazione

eurovignette-3 Oggi l’Eurostat ha pubblicato il dato relativo all’andamento dei prezzi al consumo nell’area dell’euro nel mese di dicembre (http://ec.europa.eu/eurostat/documents/2995521/6455292/2-07012015-BP-EN.pdf/7a179764-787e-4a10-a72b-0abde719ee44): per la prima volta dall’ottobre 2009 i prezzi al consumo (misurati dall’indice armonizzato dei prezzi al consumo) hanno mostrato un segno negativo. Su base annuale i prezzi sono diminuiti dello 0,2% (dato preliminare) in forte calo rispetto al +0,3% registrato a novembre. E’ vero. Il mercato si attendeva un segno negativo (i pool di Reuters mostravano un valore mediano di -0,1), anche alla luce dei deludenti dati sull’inflazione tedesca pubblicati lunedì scorso (http://www.milanofinanza.it/news/inflazione-tedesca-ai-minimi-da-5-anni-il-qe-si-avvicina-201501051457045513).

Anche se la riduzione dei prezzi a dicembre è legata al forte calo della componente energetica (-6,3% e ancora non incorpora il calo sotto i 50 dollari al barile di questi giorni!), con l’inflazione core che si attesta allo 0,7%,  la BCE non potrà astenersi dall’annunciare nuove importanti misure, sin dal prossimo meeting di politica monetaria previsto per il 22 gennaio prossimo.

Il dato odierno si inserisce, infatti, in una serie di dati economici che mostrano come l’economia della moneta unica sia ancora lontana da ogni minima ripresa: la spagna risulta ormai in profonda deflazione (-1,1%  - http://www.controinformazione.info/la-spagna-in-violenta-deflazione-cosa-ci-raccontava-draghi/); in Italia i prezzi a dicembre sono rimasti invariati, ma la disoccupazione ha raggiunto un nuovo record storico (13,4%; 44% quella giovanile); la Germani non è immune da questi effetti con un tassi di inflazione ormai prossimo allo zero (anche se i dati sul mercato del lavoro odierni hanno mostrato il più basso tasso di disoccupazione dal 1990). Tutto questo è accompagnato dall’evoluzione della situazione politica in Grecia (grexit è un vecchio neologismo) e dall’andamento del prezzo petrolio i quali potrebbero creare, da un momento all’altro, degli shock significativi e difficili da gestire.

Il riflesso (positivo) di questa situazione è il deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro statunitense: con due economie che stanno vivendo cicli completamente divergenti (in rapida crescita quella statunitense, in una situazione di stagnazione quella europea) e due politiche monetarie diametralmente opposte (ultra espansiva e in attese di quel “temibile” programma di acquisto di titoli di stato che va sotto il nome di Quantitative Easing quella della BCE; restrittiva, o almeno in procinto di esserla, quella della FED) il deprezzamento della moneta unica non poteva che essere la naturale conseguenza.

In soli tre mesi l’euro si è deprezzato di oltre il 9% (da 1,30 a 1,18 contro dollaro) e tale andamento non potrà che continuare nei prossimi mesi (non mi meraviglierei di vedere l’euro sotto la parità nell’arco di due anni). L’euro continuerà a deprezzarsi, anche alla luce di quello che succederà in Grecia. Reputo assai improbabile un’uscita della Grecia dall’euro (e la creazione quindi di un nuovo euro tendenzialmente rivalutato) per via del precedente storico che comporterebbe con il rischio di smembrare l’unione. Ritengo tuttavia assai probabile una vittoria di Tsipras; vittoria che sarebbe finalizzata piuttosto ad allentare il costo che i cittadini della penisola ellenica stanno pagando per evitare un altro default (uno in realtà già c’è stato, anche se mascherato). Anche in quest’ottica va interpretato il cambiamento della strategia comunicativa del suo leader (http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/07/grecia-tsipras-sposa-linea-draghi-tutto-possibile-per-salvare-euro/1319004/).

Ricapitolando: crescita nulla, deflazione insistente per via del calo del prezzo del petrolio, uno stato appartenente all’euro area in procinto di fallire. Basterà la bacchetta magica della BCE per ribaltare questa situazione? Si dice spesso che la Banca Centrale in queste situazione può soltanto “comprare” tempo, in attesa che facciano effetto altre politiche economiche (fiscali, sociali,…).Il 16 gennaio uscirà il dato definito sull’inflazione dell’area, il 25 ci saranno le elezioni in Grecia. In mezzo la BCE dovrà inventarsi qualcosa, comprare TANTO tempo (e non solo!) e recuperare quella credibilità di banca centrale che una persistente deflazione potrebbe, giustamente, mettere in discussione ( siamo infatti ben lontani da quel 2% obiettivo statutario della BCE. E’ vero. Quello è un obiettivo definito del medio periodo.  Ma prima o poi questo medio periodo dovrà pure arrivare?

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