In accordo con gli impegni assunti nell'ultimo round delle
negoziazioni del tanto discusso TTIP (Transatlantic Trade and Investment
Partnership) con gli Stati Uniti, la Commissione Europea ha preparato una
proposta per la regolamentazione di un sistema di giustizia dedicato alle
dispute tra Stati ed investitori.
Questo tema è attualmente uno dei più spinosi e più soggetti
a discussioni tra la federazione guidata da Obama e l'Unione Europea.
La commissaria al commercio Cecilia Malstroem ha
recentemente assicurato la struttura di questa nuova Corte per le dispute
commerciali tra investitori e Stati non limiterà in alcun modo il diritto di
ogni stato di regolare le opere pubbliche.
La Malstroem sostiene inoltre che gli accordi commerciali
tra l'Unione e gli Stati Uniti non potranno impedire alla prima di mantenere le
regole sugli aiuti di stato, così che gli Stati non diventino soggetti a forme
di ricatto da parte delle multinazionali.
Per meglio comprendere la delicatezza della questione ed i
possibili impatti nella situazione non vi sia una adeguata protezione per gli
stati sovrani si può prendere come esempio il caso della Vattenfall.
Nel 2011, a seguito della
tragedia nucleare di Fukushima in Giappone, la Germania ha deciso di
abbandonare il nucleare facendo chiudere le due centrali di Brunsbüttel e Krümmel gestite dall'azienda
svedese. A seguito del provvedimento tedesco la Vattenfall si è rivolta
all'arbitrato internazionale della Banca Mondiale avanzando la richiesta di
risarcimento dal valore di 4,7 miliardi di euro.
La nuova proposta, qualora approvata da Parlamento Europeo,
dai governi dei paesi UE ed in seguito dagli USA, andrebbe a sostituire la
prima proposta che prevede la creazione di commissioni Ad Hoc con arbitri
privati (Investor-state
dispute settlement).
La
commissione prevede quindi la creazione di una Corte di Giustizia composta da
un tribunale di prima istanza con quindici giudici nominati pubblicamente ed un
tribunale di appello composto da sei giudici.
I
quindici membri giudicanti verrebbero nominati congiuntamente da Unione Europea
e Stati Uniti e dovrebbero essere così suddivisi: cinque giudici europei,
cinque americani e cinque da paesi terzi.
Allo
stesso modo sarebbero suddivisi anche i sei giudici di appello: due europei,
due statunitensi e due da paesi terzi.
Nonostante
di primo impatto la scelta di suddividere in questo modo la nazionalità (e
quindi un ipotetico favoritismo territoriale) possa essere considerato equo,
bisogna vedere che ruolo potrebbero avere le influenze politiche dei paesi
coinvolti in eventuali dispute.
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