venerdì 12 giugno 2015

Record di M&A: buona o cattiva notizia?


Il fenomeno delle fusioni ed acquisizioni è storicamente sotto i riflettori per percepire l’andamento dei servizi finanziari da un lato e dell’economia reale dall’altro. Analisti, economisti e professori universitari si confrontano da anni nell’interpretare questo fenomeno, sia per prevedere gli effetti sui cicli economici sia per comprendere le cause degli andamenti, anch’essi ciclici, dell’attività.
I servizi legati all’ M&A attraggono enormi quantità monetarie e rappresentano strumenti strategici per la competizione in un determinato settore. L’alternativa alla crescita organica di una società, che si esprime in investimenti interni volti ad implementare le risorse presenti, è quella di acquisire le competenze esternamente, coinvolgendo un processo spesso complesso di integrazione con quanto l’assetto societario in essere.
Le fusioni ed acquisizioni divengono ancor più strategiche se si pensa alle holding che detengono grosse fette di un determinato settore, poiché è possibile spostare notevolmente gli equilibri del quadro competitivo del mercato.
Quello che particolarmente cattura l’attenzione è quando M&A si manifesta ad ondate ben definite. Alcune cause di questi picchi possono essere associate alle diverse fasi dei cicli economici di un settore. Evidenze storiche mostrano come alcuni settori alternino fasi di “fermento”, con l’ingresso di nuovi entranti e con basse barriere d’ingresso, a fasi di “consolidamento”, dove la concentrazione dei player del settore porta ad avere alcune posizioni dominanti. Dunque, dopo il mescolamento iniziale di nuove società e di competenze, si entra nella fase di maggior maturità del settore, ed è qui che entra in gioco il ruolo strategico di M&A.
Nell’attuale situazione economica e di mercato, ci troviamo esattamente in un picco record di fusioni ed acquisizioni. Come riposta il Sole 24Ore: “E' il record storico: 243 miliardi di dollari in appena un mese nei soli Stati Uniti, poco meno del Pil annuo di un'economia come l'Irlanda. La febbre da fusioni e acquisizioni (M&A, merger and acquisitions) non è mai stata così alta. E non solo negli States, dove la transazione kolossal di Charter Communications per Time Warner Cable e Bright House nei sistemi tv e internet via cavo ha alzato la mareggiata di tante altre operazioni, ma un po' in tutto il mondo, Italia compresa. Perché sono così di moda fusioni e acquisizioni? Perché c'è un sacco di liquidità in giro e le aziende si possono indebitare allegramente a tassi risibili, pari alla metà di quelli del 2007. Ma anche perché se l'economia reale non corre, la strada più semplice per crescere (e per far crescere i bonus dei top manager) sono le operazioni per linee esterne”.
Quali sono le possibili conseguenze che ci aspettano? Chiediamolo alla storia: “il massimo mensile segnato prima di quello del mese scorso risale al maggio 2007 (226 miliardi di dollari): quindi pochi mesi prima della lunga caduta che avrebbe portato Wall Street a dimezzare gli indici. E il record precedente? Gennaio 2000: 213 miliardi di dollari di M&A nel bel mezzo della bolla internet, che sarebbe esplosa anche in questo caso pochi mesi dopo, facendo rotolare nella polvere l'allora mitico Nasdaq”.
Non arriviamo a conclusioni affrettate. I fattori in gioco sono davvero molti e il come si intersecano rende il quadro complesso da decifrare. Alcuni aspetti che entrano in gioco e potrebbero decidere uno scenario diverso rispetto a quelli appena visti riguardano il mezzo di pagamento nei processi di M&A (tramite azioni, contanti, …), il ruolo della FED e la ripresa dei tassi di interesse e il quantitative easing europeo. Ciononostante, il primo campanello d’allarme sembra suonare.

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