domenica 19 luglio 2015

Cina: l’incubo non è finito

La pericoloso sentiero preso dal mercato azionario cinese sembra essere più lungo di quanto ci si aspettasse. Si tratta di un vero e proprio incubo, che diventa settimana dopo settimana sempre più pericoloso. Il mercato sta crollando da giungo ad un ritmo impressionante, e le manovre di Pechino non sembrano aver effetto.
In termini di valutazione, una correzione di circa il 30% del mercato non è sufficiente a giustificare l’andamento da ottobre a giugno dei migliori titoli azionari che hanno raddoppiato il proprio valore. Soprattutto se si considera il contesto economico esterno ai mercati finanziari, anch’esso in un momento di flessione che preoccupa gli investitori stranieri.
E’ molto importante valutare anche le misure amministrative messe in atto da Pechino per dare benzina ai mercati nel breve termine, poiché tali manovre potranno modificare la traiettoria naturale dei prezzi azionari nel lungo periodo, fattore non digerito da chi cerca di coltivare un sano mercato azionario ‘ove investire.
Molte scommesse a ribasso sono state piazzate da molte banche d’affari, tra le maggiori per dimensione al mondo.
In una nota emessa mercoledì, Junheng Li ha prospettato che l’indice azionario Shagnhai Composite potrà tornare ai livelli pre-rally ad una soglia tra 2.000 e 2.500 nei prossimi 12 mesi. La notizia ha trovato conferma da AXA Investment Managers, i quali hanno indicato come il mercato azionario cinese potrà crollare di un ulteriore 20% rispetto ai livelli attuali. Questo significa un crollo di oltre il 50% in circa un anno.
Manovre come quella di sospendere gli scambi di ampi lotti di azioni avranno un effetto estremamente distorsivo dei prezzi, e l’impatto sulle decisioni delle istituzioni finanziarie potrebbe far perdere ulteriormente l’appetito verso un mercato così regolamentato.
In due parole, quello che bisogna evitare è di colpire in negativo il “market sentiment”. Da un lato ci sono riforme che possono attrarre investimenti esteri, dall’altro lato ci sono manovre che possono minare l’attrattività nel lungo termine, così come la liberalizzazione dei capitali e l’internazionalizzazione dello Yuan.
Il costo nel medio termine di avere un ciclo (forzato dalle autorità) così ravvicinato di rally e declino del mercato azionario viene stimato in una soglia tra 0,2% e 0,4% della crescita economica cinese nei prossimi sei mesi, secondo AXA. Tale effetto di enormi dimensioni è quello che tiene bloccate le amministrazioni cinesi nell’intervenire sui mercati, lasciando dunque che si possa manifestare un ulteriore declino.
Eric Chaney, economista di AXA, ha dichiarato come un’ulteriore correzione di circa il 20% è un’ipotesi molto ragionevole, seppur non rappresenta lo scenario peggiore. Basti pensare al passato, dove nella più grande dinamica di bolla-e-crisi dello Shanghai Composite portò il benchmark a +225% tra giugno 2006 e dicembre 2007, seguito da un crollo del 65% nell’anno successivo. In confronto, l’incremento costante degli ultimi 20 mesi, che si è concluso a giugno 2015, ha portato un modesto +105%.

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